venerdì 1 giugno 2012

Tiffany's Fashion Contest + Recensione: Le bugie hanno le gonne corte


Come ben sapete, Tiffany's è un blog prettamente femminile e chi ancora pensa che libri e vestiti non possano andare di pari passo, evidentemente non ci conosce! È proprio per questo motivo che oggi ci dedichiamo ad un libro che mi ha toccato il cuore con la sua dolcezza e che ha ispirato il Tiffany's Fashion Contest...


Le bugie hanno le gonne corte
di Erin McKean

Prezzo di copertina: € 16,00
Editore: Piemme
Collana: Narrativa
Pagine: 304
Formato: Brossura
Lingua: Italiano
Lingua originale: Inglese
Titolo originale: The Secret Lives Of Dresses
Traduzione: Valentina Daniele
Genere: Romance

Dora ha ventidue anni, studia al college, anche se ancora non ha capito esattamente cosa, e per mantenersi lavora in una caffetteria, insieme “all’uomo della sua vita”, che purtroppo, però, nonostante gli inequivocabili segnali che lei gli ha inviato, non ha ancora fatto la prima mossa.Dora non ha mai conosciuto i suoi genitori ed è stata allevata da Mimi, sua nonna, l’irresistibile ed eccentrica proprietaria di un negozio di abiti vintage: quanto di più lontano possa esistere dallo stereotipo di torte di mele e golfini fatti a mano. Per anni Mimi ha tenuto da parte gli abiti più belli per Dora, creandole un armadio che farebbe invidia a qualunque donna, ma la cosa ha sempre lasciato indifferente sua nipote, che si ostina a indossare solo jeans e t-shirt multicolore. Dora non riesce a condividere l’entusiasmo di sua nonna per lo shopping: l’idea che i vestiti possano essere qualcosa di più di un semplice oggetto non l’ha mai sfiorata. Quando, però, Mimi viene ricoverata in ospedale, Dora è costretta a tornare a casa e a occuparsi del negozio e di tutte le affezionate clienti. Già dai primi giorni scopre l’anima segreta del negozio che Mimi non le aveva mai rivelato; sua nonna, infatti, ha cucito sulla fodera di ogni abito una storia, legandolo indissolubilmente a una particolare cliente.Ben presto Dora si farà coinvolgere dal gioco creato dalla nonna e si metterà alla ricerca di un vestito fatto apposta per lei che la porti, per la prima volta, a incontrare il vero amore. www.dressaday.com


Dora sta per laurearsi in anticipo e nel tempo libero lavora nella caffetteria del campus: è brava ed indispensabile, senza di lei Gary, il proprietario, sarebbe disperato. Quando la nonna Mimi però viene ricoverata all'ospedale, Dora non esita un attimo e molla tutta la sua vita per correre da lei. Non sa che quel viaggio le cambierà totalmente la vita.
La traduzione italiana ha travisato come sempre il senso del titolo rendendolo un insignificante luogo comune che non ha alcun legame con il libro stesso. Il titolo originale "The Secret Lives of Dresses" invece racchiude la bellezza della trama che racconta di come i vestiti non siano solo degli oggetti da indossare.
La nonna Mimi ha un negozio di vestiti vintage e in ognuno di essi lei riesce a vedere la sua storia, quella storia segreta che li ha accompagnati attraverso il tempo e li ha portati nel suo negozio. Ebbene sì tutti i vestiti hanno una loro storia che deve essere raccontata: storie avventurose, storie di amori travagliati e di funerali, tutte ugualmente importanti che non possono essere perdute.
Erin McKean con questo suo primo romanzo ha creato un mondo magico in cui i sentimenti vengono messi a nudo e il lettore si ritroverà a guardare i propri vestiti chiedendosi quale vita hanno con sè. Dora è una ragazza timida, ancora indecisa su se stessa e sul suo futuro: ma grazie a questo viaggio a ritroso nel tempo riuscirà a capire il valore della vita e il perchè un abito anni trenta è adatto per una determinata occasione.
Non c'è niente di frivolo in questa lettura, non si parla di shopping sfrenato e di bamboline che pensano solo ad avere l'ultimo modello di una borsa firmata, ma bensì si parla di vita e di ricordi di altri tempi che hanno ancora qualcosa da raccontare e da insegnare. I personaggi non sono Dora o la nonna, ma i vestiti che conquistano la scena e il cuore del lettore con le loro parole, con i loro racconti e con le loro impressioni. Lo consiglio a tutti, è un libro che deve essere letto per la sua bellezza pura e semplice.

Durata della lettura: due giorni
Bevanda consigliata: tè alla menta
Età di lettura consigliata: dai 16 anni


“Una storia di vestiti e di vita... dove i sogni possono diventare realtà!” 


Erin McKean ama definirsi un’evangelista dei dizionari. Ne ha curate diverse edizioni per la Oxford University Press e ha scritto libri dedicati alle parole “strane”. Le bugie hanno le gonne corte, oltre a essere il suo primo romanzo, è anche il primo libro che ha scritto in cui le parole non compaiono in ordine alfabetico. Vive in California, a sud di San Francisco, dove ha tutto il tempo per dedicarsi alle sue grandi passioni: la scrittura, il ricamo e i roller. www.erinmckean.com


Oggi vi parleremo di Zalando, un'azienda nata circa 3 anni fa in Germania e oggi presente in Francia, UK, Paesi Bassi, Austria, Svizzera e Italia. Zalando offre ai suoi clienti l'esperienza dello shopping! Il loro scopo è offrire un vasto assortimento di brands e modelli con un eccellente servizio clienti e i vantaggi di un acquisto online sicuro e semplice con spedizione e restituzione gratuiti.


Zalando, in collaborazione con Tiffany's, offre alle nostre lettrici un voucher da € 50 da utilizzare su www.zalando.it!
Chi di voi ha nell'armadio un vestito con una storia da raccontare, si faccia avanti. Il voucher potrebbe essere vostro e al termine del contest raccoglieremo le storie più belle e le pubblicheremo sul blog. A chi di voi fosse interessata, chiederei gentilmente di:
  1. Essere follower del blog Reading at Tiffany's
  2. Cliccare Mi piace sulla pagina Facebook di Reading at Tiffany's
  3. Scrivere la storia in un commento a questo post con un contatto valido!

Tutto questo entro il 10 giugno ;)

6 commenti:

  1. Ventuno aprile del 2009, vestito nero con i fiori ricamati sopra. Un giorno ed un vestito che avrei preferito lasciare stare e buttare via, ma purtroppo non ce l'ho fatta. Dietro quel vestito c'è una storia troppo profonda perché io buttassi come se nulla fosse, come se non lo avessi mai indossato.
    Quel giorno ci fu il funerale di mia sorella gemella Sabine morta di cancro.
    Sabine ed io non litigavamo mai, eravamo inseparabili.
    Il 21 aprile mi alzai presto, alle 5 di mattina. Sapevo già cosa mi sarebbe toccato perciò decisi di rivivere passo passo tutto ciò che io e Sabine avevamo passato in tutti quegli anni. Mi lavai e mi misi quel vestito nero che comprammo insieme io e lei e che non avevo mai messo, perché dicevo che il nero non mi stava bene. Successivamente andai nel salotto e presi tutti gli album fotografici miei e di mia sorella. Li sfogliai uno ad uno attraverso quelle foto e dentro la mia mente.
    Quando mio padre si alzò, non proferì parola su quello che stavo facendo perché mi capiva, e mi capisce tutt'ora. Si lavò e si vestì anche lui e si sedette accanto a me.
    Lui iniziò a piangere ma io ero fredda, come un ghiacciolo nel frizer. Non provavo emozioni, se non dentro di me, non versavo una lacrima.
    Alle 10 di mattina andammo al funerale, una cosa straziante. Suonai il pianoforte per mia sorella durante tutta la messa e lessi un pezzo del nostro libro preferito davanti a tutte le persone presenti. Mi lisciavo la gonna del vestito mentre leggevo, l'accarezzavo nel punto esatto in cui l'aveva accarezzata lei nel negozio. In un certo senso era come se stessi accarezzando la sua candida mano. Una lacrima rigò il mio viso in quel momento preciso. La prima ed ultima lacrima. La voce mi tremò e diventò un filo, quasi inudibile.
    Tornai a casa e mi tolsi il vestito, lo riposi in una scatola che posai sotto il mio letto accuratamente.
    Quella scatola, oggi, è ancora lì. Non l'ho mai più mossa ed il vestito è sempre lì. Non l'ho mai più indossato. Chissà, forse c'è un pò di polvere o forse no. Il fatto sta che, quel vestito, in qualche modo, mi ha portato allegria, perché mi ha fatto rivivere un momento del passato, come se Sabine fosse ancora qui. Ma mi ha portato anche nostalgia, perché so che mia sorella non c'è più fisicamente, non posso abbracciarla o vivere con lei dei momenti, anche se i più insignificanti. So però anche un'altra cosa: se non ci fosse stato quel vestito, comprato con lei, probabilmente avrei comprato un vestito da sola e poi lo avrei buttato nel momento esatto in cui sarei tornata a casa.
    email: ronnie.toma@hotmail.com

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  2. La mia è una storia comune, ma forse proprio per questo vicina al cuore di tante.
    E' la storia di una ragazzina semplice, ma tanto insicura. Quando si guarda allo specchio non si vede carina come le sue compagne: è rotondetta, vorrebbe avere più seno ed essere alta qualche centimetro in più.
    Ama i colori, ma veste sempre con abiti sobri perché ha sentito dire che "Il nero sfina", e compra tutto di una taglia in più perché non sopporta di vedersi stretta negli abiti che indossa.
    Dice a sé stessa che non le importa nulla, ma sotto sotto ci rimane male se il ragazzo per il quale ha una cotta fa il carino con la bella bionda della classe accanto.
    Qualcosa le manca. Le manca che qualcuno la guardi come si guarda una donna, perché ormai sta crescendo ed è stanca di essere "quella simpatica" e non può nascondersi ancora per molto sotto ampie magliette.
    Dopo la maturità, è in centro con la madre a fare acquisti: nelle vetrine gli abiti coloratissimi e le stampe floreali la fanno da padrone. Vorrebbe comprarne uno, ma la taglia 48 non c'è mai e molto spesso la XL è solo una M travestita. E' in quel momento che decide di dover fare qualcosa...
    Vuole guardarsi allo specchio e vedere che il fuori combacia con ciò che è dentro.
    E' tentata più volte a rinunciare, perché tanto - si dice - è felice lo stesso.
    I primi risultati la aiutano a farsi forza, quando la 48 le sta grande vorrebbe mettersi ad urlare dalla gioia.
    Tutto il suo corpo le appare diverso.
    E poi, incontra Lui.
    Tra i corridoi dell'Università è come un fulmine a ciel sereno: quando lo vede camminare nella direzione opposta, è tentata di abbassare lo sguardo -come suo solito- perché non è abituata a sorridere ai ragazzi carini che incrocia camminando (non crede di poterselo permettere, lei è solo l'anatroccolo in mezzo ai cigni); ma quel giorno, non cede alla timidezza. Gli sorride e Lui -ancora le batte il cuore a pensarci- ricambia.
    Tra il fiorire di un'amicizia che amicizia non è, gruppi di studio, passeggiate dopo le lezioni con la scusa di prendere insieme la metro, è di nuovo primavera.
    E Lui le chiede di uscire insieme. Il suo primo, vero, appuntamento.
    Torna al centro commerciale con la sua adorata mamma: cerca un bell'abito per quell'occasione speciale. Per colpa di una piccola parte di lei che ancora non ci crede del tutto, si dirige nel reparto sbagliato, dove non trionfano colori e stampe vivaci, ma abiti più adatti ad una signora.
    Poi, lo vede. E’ esposto come l'abito di punta della nuova collezione. E' il vestito che ha sempre sognato: una fascia verde smeraldo che copre il seno e lascia le spalle nude, la parte sottostante è di un plissé stretto e morbido, stampato di fiorellini arancioni e bianchi su sfondo smeraldo.
    L'appuntamento va così bene che quella sera riceve anche il suo primo bacio.
    Sono passati anni da quel giorno, e quel vestito è ancora nel suo armadio. Le ricorda il suo primo appuntamento - con quello che tutt'oggi è il suo ragazzo - e il suo primo bacio, ma soprattutto le ricorda che a volerlo fortemente un desiderio si può avverare.
    Quell'abito rappresenta la sua personale, piccola, vittoria. E nei momenti di sconforto, quando teme di non riuscire a superare un ostacolo, è lì a infonderle un po' di coraggio.
    Perché quello non è solo un vestito.
    E' molto di più.
    E' un piccolo grande sogno che si è avverato.

    email : millyryan@hotmail.com

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  3. Credo di aver ben 2 storie che mi legano a dei vestiti. La prima, la più recente, è simile a quella di Veronica.
    Il 30 aprile è nato in anticipo di 2 mesi e mezzo il mio nipotino. Stava bene nonostante tutto, ma dopo 21 giorni non ce l'ha fatta. Inutile descrivere il dolore che c'è stato e c'è tutt'ora. Non c'è stato il funerale, perchè non era battezzato e un pò perchè nella mia famiglia non siamo molto credenti, solo una benedizione in ospedale e il viaggio al crematorio.
    Quella mattina non ho fatto caso ai vestiti, ho messo il primo paio di jeans e la prima maglia che ho trovato, buttati sulla sedia.
    Arrivati all'ospedale, appena ho visto quel piccolo fagottino le lacrime hanno iniziato a scorrere a fiumi e ripensandoci ora mentre scrivo ne cade ancora qualcuna.
    Io non sono credente, ho da poco iniziato un percorso attraverso il buddismo, religione e filosofia di vita in cui credo molto. Durante la benedizione c'è stato un momento in cui ho abbassato gli occhi e sul bordo della mia maglia in cui è raffigurato un Buddha che sorride, ho visto una specie di macchia del tessuto che formava una piccolissima "D", l'iniziale di mio nipote. Non so bene come spiegarlo, ma l'ho percepito come un segno,che lui fosse già partito per la reincarnazione o per il nirvana e adesso ogni volta che metto quella maglia, guardo quella piccola "d" e il sorriso del buddha e sorrido a mia volta pensando a lui. So che è una cosa stupida ma un pò aiuta a superare questo dolore.
    L'altra storia non riguarda propriamente un capo di vestiario ma le mie scarpette da danza.Ma la racconto lo stesso :)
    Quand'ero piccolina il mio sogno era di fare la ballerina di danza classica, purtroppo i miei genitori non avevano molti soldi per mandarmi in una scuola, ma quando sono cresciuta un pò sono riuscita ad iscrivermi ed era un sogno per me. Ricordo ancora il giorno in cui la maestra ci ha consegnato le scarpette da danza con le punte. L'emozione nel vederle e nell'indossarle unita al dolore ai piedi dopo due ore di prove. Ma ero comunque felice. Poi crescendo le cose sono cambiate, sono finite le medie, ho iniziato una scuola lontano da casa e ho rinunciato alla danza e al mio sogno per fare altre scelte e per non pesare per via dei costi dei corsi. Per ben 4 anni quelle scarpette sono rimaste insieme a body,calze, tutù e scarpette da mezza relegate in fondo all'armadio. Un pò di tempo fa sistemando sono saltate fuori e insieme a loro anche tutti i ricordi.. il primo saggio, le prove, l'esame, il dolore ai piedi.. Sono rimasta imbambolata per mezz'ora a guardarle e accarezzarle.La stoffa rosa chiarissima e liscia, i lunghi nastri di raso rosa, sono diventati per me come un portafortuna, un talismano. Le tengo sul comodino e le guardo quasi ogni sera ripensando ai bei momenti ma anche pensando al futuro, con speranza per quanto riguarda i miei sogni, che sono cambiati da quando ero piccola e non hanno più niente a che fare con la danza, ma che spero comunque di poter realizzare.
    MI sono dilungata parecchio con queste due storie, che probabilmente sono sciocche e senza importanza.Ma per me quella maglia con buddha e quelle scarpette sono importanti e "magiche" in un certo senso e sono felice di aver raccontato la loro storia. :)

    ariannarally1@hotmail.it

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  4. Era stata per tutti la nostra prima vacanza da soli. C’era stato qualche week-end nella casa al mare del Mozzo, ma non era la stessa cosa. Quella era la nostra vera vacanza: avevamo appena preso il diploma, si chiudeva una parte della nostra vita e se ne apriva un’altra. Non studiavamo nella stessa scuola, non c’era il timore di perdersi di vista dopo quell’estate, eravamo amici perché lo avevamo scelto. C’era solo tanta voglia di libertà. Mettere da parte i libri e partire. Quei giorni a Riccione sarebbero stati per noi quattro l’anticamera della nostra vita da adulti.
    Quel giorno il tempo non era stato molto clemente, così io e la Betta avevamo fatto un po’ di shopping sotto la pioggia. Di soldi non ne avevamo molti, e le catene low cost non esistevano ancora. Nel ’96 se volevi spendere poco dovevi andare al mercato o in un negozio di abiti usati.
    Quel negozietto non aveva proprio niente che ti facesse venir voglia di entrare, e alla Betta l’idea di mettere piede in un negozio di abiti usati faceva pure un po’ schifo. Ma a me no, volevo qualcosa che mi ricordasse di quella vacanza, volevo spendere poco, e i vestiti usati mi avevano sempre affascinata.
    Ne avevo già acquistati altri, e a ognuno avevo associato dei ricordi. Volevo che fosse così anche quella volta. E così me ne uscii dal negozio con una felpa a zip blu dell’Adidas. Mi stava larga, il taglio era anni ’70, e aveva pure delle macchie su una manica. Proprio un bell’acquisto. Ma a me piaceva. Mi piaceva indossarla e pensare alla sua storia, a chi l’aveva indossata prima di me, mi incuriosivano quelle macchie rosse sulla manica che proprio non ne volevano sapere di andarsene via. E soprattutto mi piaceva l’idea di avere qualcosa di unico. Nel mondo nessun altro aveva una felpa identica a quella. La vacanza finì, ce ne tornammo a casa un po’ più grandi di quando eravamo partiti. Io continuai per anni a mettermi quella felpa, era il mio rifugio quando volevo veramente sentirmi me stessa. Ma con gli anni si cambia, cambiano le mode, si conosce gente nuova, si inizia a lavorare, ci si sposa. Credo che ora quella felpa sia da qualche parte in fondo a un cassetto. Ogni tanto penso a quella vacanza del Luglio ’96 e vorrei tornare a quei giorni spensierati.

    bananaecioccolato@gmail.com

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  5. C'era una volta...vent'anni e più fa ormai...una bambina.
    Questa bambina era molto affezionata al suo vestitino giallo, era il colore del sole e le ricordava i girasoli che ammirava dall'autostrada quando si recava in montagna.
    E poi quel vestito era speciale perchè era un regalo della sua bisnonna.
    Mise il vestitino per quasi tutta l'estate ma poi l'autunno bussò alla porta del tempo, l'aria divenne più fresca e la mamma ripose il vestito nel contenitore del cambio.
    Fiumi e fiumi di lacrime uscirono dagli occhi della piccola che non si voleva separare dal suo adorato vestitino e così riuscì nell'intento di prenderlo e prese l'abitudine di portarlo sempre con sè, rigorosamente accartocciato nella borsetta.
    Nell'inverno la bisnonna venne a mancare ma il vestitino ricordava alla bambina tutto il suo amore e le era sempre accanto.
    Un giorno, a scuola, la campanella suonò più incessantemente del solito, qualcosa non andava ed i bimbi dovevano evacuare l'edificio.
    Tutti cominciarono a correre e nella foga spintonarono la piccola che scivolò per le scale e andò a sbattere contro lo spuntone della ringhiera.
    La bambina si riparò con la borsetta, sempre imbottita dal suo vestitino.
    E per fortuna, altrimenti lo spuntone invece di bucare il vestitino giallo avrebbe ferito la bambina.
    Non indossai più il vestitino, ma dopo tutti questi anni è ancora custodito in una scatola, a ricordo della mia amata bisnonna e del suo amore che mi ha salvato!

    pesciolina-87@hotmail.it

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