lunedì 20 marzo 2017

Recensione: Scarti


Scarti
Viaggio nel regno dimenticato della letteratura
di Giuseppe Marcenaro


Editore:Il saggiatore
Prezzo Cartaceo: € 19,00 
Pagine: 150



Il libro passato per le mani di Napoleone nei giorni dell’esilio a Sant’Elena, le golosità di cui era ghiotto Leopardi durante il fatale soggiorno napoletano, i segreti che cela una cambiale di fine Ottocento firmata da Gabriele D’Annunzio: questi e moltissimi altri frammenti di esistenza sono custoditi in lettere, scarabocchi, dediche, biglietti da visita, vecchie foto in bianco e nero, foglietti sparsi, bustine del tè e quant’altro subisca la sorte di essere considerato uno scarto. L’eccedente di cui si pensa sia meglio liberarsi per non trovarsi poi sommersi dalla spazzatura, o che semplicemente si butta via senza nemmeno pensarci, diventa in Scarti oro grezzo, materia prima grazie alla quale incantare il lettore in un viaggio sentimentale, stravagante, che non teme il voyeurismo, nelle peripezie del ricordo. Lo sguardo di Giuseppe Marcenaro, che di questo divertissement letterario è l’autore, come il tocco di Re Mida salva dall’oblio e riporta alla luce, affascinandoci, sottilissime trame di vite, famose e non, risalenti a un passato non troppo lontano dal nostro presente. Come un graffio, il suo stile pungente libera dalle croste degli anni e fa parlare con ironia spesso impietosa quelli che solo all’apparenza sono frammenti muti; minutaglie che sono trama e ordito della nostra storia.



Questa lettura, è a mio giudizio indicata per i palati letterari più sopraffini: trattasi, infatti, di una raccolta straordinaria di appunti e documenti vari provenienti da diversi periodi storici, recanti ciascuno un prezioso messaggio. Si passa da appunti scritti da Casanova che, dai primi di settembre del 1785, a sessant’anni, si ritirò in una casa protetta. Il ricovero era il castello di Dux – oggi Duchcov, nella Repubblica Ceca –, dove sarebbe morto il 4 giugno 1798. Estimatore e amico del più celebre amatore di tutti i tempi, il conte di Waldstein gli aveva offerto una sinecura: occuparsi della sua biblioteca. Ormai rari i combattimenti d’alcova, viveva di orgogliosi rimpianti. Da un po’ di tempo al posto dell’onor virile usava la penna. Avevano giusto terminato un violento “pamphlet” contro Cagliostro e Saint‑Germain, i due malemmi che aveva incrociato durante la sua errabonda esistenza; e stimava onorevole aver collaborato con Lorenzo Da Ponte alla stesura del libretto del Don Giovanni, musicato da Mozart. Nessuno meglio di lui avrebbe potuto dare conto delle nefandezze amorali di un avventuriero, nell’altalenare sensuale di un eterno vorrei e non vorrei. Accanto alle vicende narrate del grande amatore, questo libro, riporta anche curiosi “foglietti” provenienti da un tempo lontano, che narrano addirittura dei debiti di un pontefice. Infatti: dall’archivio di un avito palazzo di una famiglia ligure di Riviera è affiorata una curiosa carta. Reca la data del 6 agosto 1783 ed è la ricevuta per il prestito di diecimila lire, una somma non indifferente a quel tempo. Il debitore non è un personaggio qualsiasi, infatti, si tratta del papa: «La Santità di Pio vi deve lire dieci milla» che ottenne tramite i signori Giovanni Merello e Giuseppe Carbone. Il creditore del papa si chiamava Gian Domenico Musso, capo di una famiglia che era riuscita a riconvertire la già redditizia pesca del corallo in una proficua attività armatoriale. L’accresciuta potenza finanziaria aveva poi trasformato i Musso in banchieri. L’abilità di questa famiglia rivierasca era stata quella di non disperdere la ricchezza. Il primogenito amministrava il patrimonio; le altre discendenze andavano a infittire le file del clero oppure rimanevano in casa senza sposarsi. Tra il corollario di preziose carte raccolte dall’autore in questo volume, che oggi vi proponiamo come lettura, non mancano nemmeno elementi più recenti, quali: la segnalazione di tre articoli inediti che l’autore deve a Mario De Filippis. Egli li ha trovati riordinando le carte di Mondo Nuovo, un piccolo centro di cultura a Cosenza. Un articolo viene da Parigi. Reca la data del 20 maggio 1991. È firmato da Alberto Cavallari. Ricorda Stefano Terra nei tempi immediatamente successivi alla Liberazione, in una Milano tesa, ricca di entusiasmi. Gli altri due articoli sono dello stesso Terra, morto a Roma nel 1986, e inviati al circolo Mondo Nuovo dalla moglie. De Filippis sottolinea che i testi avrebbero dovuto essere riuniti, assieme ad altri, in un volume in onore di Terra, ma il progetto non ebbe l’esito sperato. Fu una grande illusione: per Mondo Nuovo l’aspirazione a far rivivere uno scrittore troppo presto dimenticato; per Cavallari e Terra abbandonare alla carta gli entusiasmi frustrati della generazione che aveva sognato un nuovo mondo dopo la caduta del fascismo: «Ma dove sono i vecchi compagni / Dove sono le facce / Che mi riempivano il cuore senza bere / I banditi hanno rubato tutto / Gli anni, la giovinezza». Sono versi tratti dal suo Avventuriero timido anteposti da Terra all’articolo scritto il 31 gennaio 1984, un improprio testamento ideale perché dell’antico entusiasmo non si perdesse tra la ricerca del tempo perduto e la delusione di chi sciolse ogni giorno la propria vita in un articolo per il giornale. Un viaggio nel “dimenticatoio” letterario che a mio modesto giudizio, incuriosisce e arricchisce le menti!


Durata totale della lettura: Tre giorni
Bevanda consigliata: Vin Brulè
Formato consigliato: Cartaceo
Età di lettura consigliata: dai 18 anni
Sito dell'autore: Giuseppe Marcenaro







  "  Gli scarti libreschi ed altre storie."



                            

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