venerdì 19 marzo 2021

Recensione: La principessa ballerina

 

La principessa ballerina
di Stefania Colombo

Editore: Morellini Editore
Prezzo Cartaceo: €14,90
Pagine: 144


Il testo intreccia due storie, quella di una nave e quella di un bambino che diventa uomo. Sul piroscafo Principessa Mafalda si sono imbarcate alcune tra le più grandi personalità del tempo, da Luigi Pirandello a Guglielmo Marconi, ma la sua leggenda ha inizio già un anno prima della sua nascita, quando la nave gemella, Principessa Jolanda, affonda proprio al momento del varo. E si perpetua anche in seguito, con il naufragio del Mafalda stesso nel 1927. Ad accompagnare la vicenda del piroscafo c’è Menico, figlio di uno dei capisquadra dei cantieri navali di Riva Trigoso. Tra ribellioni, innamoramenti e momenti di crescita, Menico e Mafalda riportano in vita un’epoca non molto lontana, in cui l’esistenza dell’uomo e quella del piroscafo si incontrano nel momento in cui Menico si imbarca sul Mafalda, nel corso dell’ultimo viaggio prima del naufragio del 1927. Due storie universali, capaci di parlare di un’Italia che non c’è più e di un’umanità che non si smette mai di cercare, qui o altrove.




Il Novecento. Un secolo pieno di personaggi illustri, importanti, che hanno cambiato il corso della storia. Ma anche di persone comuni senza le quali probabilmente non sarebbero accadute molte cose; persone comuni come Luigi Ferrari, caposquadra dei cantieri navali a Riva Trigoso, vicino Sestri Levante; persone comuni come Menico, figlio di Luigi; persone comuni come tutti i soldati andati in guerra per difendere la propria patria. Il Novecento è il secolo dei grandi eventi, delle grandi scoperte, della cultura letteraria, del telegrafo, protagonista di questo racconto, presente fino alla fine.
E di grandi eventi sono stati testimoni anche Luigi e Menico, due eventi collegati da un filo sottile: l’inabissamento della Principessa Jolanda, al momento del varo e, molti anni dopo, il naufragio della sua gemella, la Principessa Mafalda, in mezzo all’Oceano Atlantico.
Menico, perché al suo nome Domenico si è sempre ribellato, come si è sempre ribellato a tutto ciò che non era giusto e a tutti coloro che non lo capivano. Ha detto no al fascismo e a chi non capiva che non c’era nulla di buono, anche ai poeti che fino a qualche tempo prima ammirava, come Ungaretti. Perché Menico a qualcosa sì lo diceva, e il suo più grande sì era la letteratura, la poesia.
Ma Menico dovrà aspettare per diventare un poeta, perché non si può essere un poeta senza prima diventare un uomo: ed è imbarcandosi sul Mafalda che Menico crede di diventare un uomo vero, un uomo vero che potrà anche sposare la sua amata Elise, la mademoiselle conosciuta l’estate prima del suo imbarco sul piroscafo.
Questo racconto ha davvero tantissimi punti di forza, oltre alla trama che intaglia e racconta spaccati di secolo e di eventi che spesso sono dimenticati, o sconosciuti o sovrastati da eventi più famosi. Ma quello che davvero mi ha colpita è la scrittura: questo misto di prosa e poesia, con in mezzo poesie di grandissimi autori come Ungaretti e Montale, attraverso i quali l’autrice descrive momenti che non avrebbero potuto essere descritti con parole migliori, attraverso ai quali fa comprendere a Menico come funziona davvero il mondo.
Un pathos sempre in salita, che culmina in un finale commovente.

Assolutamente da leggere!

Durata totale della lettura: Un giorno
Bevanda consigliata: Tè caldo
Formato consigliato: Cartaceo
Età di lettura consigliata: dai 14 anni


      " Senza parole è più facile far scomparire il tempo: un
tempo non esiste se non si può raccontare
.

Si ringrazia la casa editrice per la copia omaggio

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