venerdì 7 gennaio 2022

Recensione: Stirpe e vergogna

 


Stirpe e Vergogna
di Michela Marzano

Editore: Rizzoli
Prezzo Cartaceo: €19,00
Pagine: 400

Michela Marzano intreccia il passato familiare alle pagine più controverse della storia del nostro Paese. Michela non sapeva. Per tutta la vita si è impegnata a stare dalla parte giusta: i fascisti erano gli altri, quelli contro cui lottare. Finché un giorno scopre il passato del nonno, fascista convinto della prima ora. Perché nessuno le ha mai detto la verità? Era un segreto di cui vergognarsi oppure un pezzo di storia inconsciamente cancellato? “Sono stata pure io complice di questa amnesia?” si chiede Michela dopo aver ritrovato una vecchia teca piena di tessere e medaglie del Ventennio. Inseguendo il filo teso attraverso le vicende della sua famiglia, tra il nonno Arturo e il nipotino Jacopo, l’autrice ridisegna il percorso che l’ha resa la donna che è oggi, costellato di dubbi e riflessioni: il rapporto complicato con la maternità, il legame tra sangue, eredità e memoria, e quel passato con cui l’Italia non ha mai fatto davvero i conti. Il risultato è uno spietato autoritratto che va molto al di là del dato personale, in questo Paese di poeti, di eroi, di santi e (così pare, ad ascoltarne i nipoti) di milioni di nonni partigiani, mettendo in luce la rimozione collettiva dell’humus fascista in cui affondano le radici di molti alberi genealogici. Tra romanzo e memoir, un libro dalla voce schietta e incalzante, che pur sospendendo il giudizio non smette di interrogarci e di invitarci a coltivare la memoria, perché “solo così si può sperare che certe cose non accadano più”.


Stirpe e vergogna.
Mi è saltato agli occhi tra le novità da leggere un mesetto fa.
Mi ha colpito la copertina, nella sua semplicità con questa frase d'impatto. Più di tutto, però, mi ha colpito il titolo, perché Stirpe e Vergogna sono due parole che stridono messe una accanto all'altra. Perché si dovrebbe provare vergogna per la propria stirpe, per la propria provenienza, per le proprie origini? Incuriosita ho letto il trafiletto e ho capito.  E ho deciso che avrei assolutamente dovuto  leggerlo. 
Michela Marzano fondamentalmente racconta la sua storia, la sua vita. Vive a Parigi da vent'anni dove insegna filosofia morale. A settembre 2019 torna in Italia a trovare i suoi genitori a poco più di un mese dalla nascita del suo nipotino Jacopo, figlio di suo fratello Arturo. Qui, frugando tra i cassetti della scrivania di suo padre, Ferruccio Marzano, ne trova la fotocopia del certificato di battesimo e scopre che il padre non si chiama solo Ferruccio Marzano, come le raccontava da piccola, "Ferruccio e basta", bensì Ferruccio Michele Arturo Vittorio Benito. Aveva il nome del re, sapeva che il nonno era stato un monarchico. Ma Benito? Perché suo padre aveva il nome del duce? E soprattutto perché nessuno glielo aveva mai detto?

Ho in mente mille aggettivi positivi per descrivere questo romanzo, non so quale sia il più adatto per farlo, ma so che l'ho adorato: un romanzo che intreccia un'analisi interiore e familiare alla storia del nostro paese, in particolare al periodo fascista; un romanzo che ti fa pensare a quello che è stato, a quello che non è mai stato veramente raccontato, affrontato, dal singolo individuo come dalla società, a quello che potrebbe ripetersi in qualunque momento della storia, a quella "teoria della china pericolosa" che Michela Marzano cita, a tutto quello che non abbiamo imparato dal passato, alla vergogna, ai sensi di colpa, al senso di superiorità; ma anche al riscatto, alla comprensione, all'amore, al perdono. Tutto questo racchiuso in 400 pagine.
Una scrittura pulita, scorrevole, ricca di dialoghi, di citazioni filosofiche, etiche, storiche, di filastrocche paesane e di canzoni, che ti aiutano ad entrare ancora di più nel mondo dell'autrice, nella sua vita e, soprattutto, nella nostra storia che col tempo viene studiata sempre più in maniera superficiale. 
Come se il passato non contasse, come se il passato non potesse ripetersi, come se non fosse importante sapere da dove proveniamo e cosa è stato prima di noi.

Ho amato la suddivisione  del romanzo in quattro parti, ognuna legata alla sensazione vissuta dall'autrice in quel momento, a quello che ha rappresentato per lei man mano che scopriva, cercava di capire, di accettare che suo nonno Arturo fosse un fascista di prima linea: una sorta di percorso psicologico per affrontare un trauma.
Un documentario, sotto un certo punto di vista. Ma senza la freddezza totale e l'oggettività da cui sono caratterizzati. Le emozioni escono fuori tutte, vivide, le si palpa, ci si rispecchia. 
Un romanzo che evoca immagini e in qualche modo ricordi.
Un romanzo che non avrei mai v
oluto smettere di leggere. 

Leggetelo, leggetelo, leggetelo!! 

Durata totale della lettura: Otto giorni
Bevanda consigliata: Caffè americano
Formato consigliato: Cartaceo
Età di lettura consigliata: dai 10 anni


      "Il passato non passa mai. E' inutile illudersi che certe cose non succederanno mai più. La storia ci sorprende e ci coglie impreparati. Fino a quando non saremo capaci di elaborarla profondamente, ci inghiottirà, ci spingerà a ripetere gli stessi errori, ci forzerà la mano e svelerà la nostra cattiveria.


Si ringrazia la casa editrice per la copia omaggio

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