di Annie Ernaux Titolo originale: Passion simple Traduzione di Lorenzo Flabbi Editore: Rizzoli Prezzo cartaceo: € 11.00 Pagine: 80 La telefonata, la visita. Lui arriva, lei lo accoglie. Poco dopo lui se ne va. E lei torna ad aspettare, mentre tutto il resto della vita diventa un fondale sbiadito. Un amante, un uomo sposato, che appare e scompare senza lasciare tracce, che chiama solo quando può. Lei si aggrappa a quei pochi istanti, li consuma, li rivive, mentre il resto del tempo si riduce a un’attesa e gli incontri con lui si fanno misura della sua vita. L’attesa stessa diventa presenza e ogni gesto – cambiare le lenzuola, riempire la casa di fiori, preparare il whisky, vestirsi – è un rituale ossessivo, un modo di dare ordine al vuoto. E anche quando la storia finisce, la dipendenza resta. L’assenza non libera, ma incatena. Tutto ciò che lei tocca, che guarda, che vive è intriso di quell’uomo, del suo passaggio, del suo odore. Passione semplice è l’anatomia di un sentimento che si manifesta nella sua forma più nuda e incontrollata: senza idealizzazione, senza compromessi, senza difese. Ernaux ne segue il battito con una scrittura scarna, limpida, portando alla luce ciò che resta quando ogni finzione cade. |
Passione semplice è il primo libro che leggo di Annie Ernaux, ed è stato un incontro fulmineo ma potente. Un racconto breve e denso, capace di raccontare, in poco più di sessanta pagine, cosa succede quando il desiderio prende il sopravvento su tutto e la vita si trasforma in attesa.
La protagonista vive una relazione con un uomo sposato. Non c’è una vera trama, almeno non nel senso tradizionale: ci sono lei, lui, e l’attesa. Giorni trascorrono sospesi, in funzione di una chiamata, un messaggio, un incontro. Tutto il resto, lavoro, amici, impegni, passa in secondo piano. È la storia di una donna che si lascia travolgere completamente, che mette in pausa sé stessa, definendosi unicamente attraverso la presenza (o l’assenza) dell’altro.
Quello che colpisce di più è la scrittura di Ernaux: semplice, diretta, quasi fredda, eppure capace di colpire al cuore. Non abbellisce, non giudica. Racconta con disarmante onestà una fragilità che molti possono riconoscere, anche senza aver vissuto un’esperienza simile.
Uno degli elementi centrali del libro è la rappresentazione della dipendenza affettiva: la protagonista cerca costantemente di meritarsi l’amore dell’uomo, trasformandosi per piacere e scongiurare l’abbandono. Vive nella convinzione di dover conquistare ogni giorno il suo posto nella relazione, accontentandosi di poco pur di non perderlo. Nonostante la consapevolezza del disequilibrio, si illude che anche lui provi qualcosa, alimentando un legame fondato sull’attesa e sull’idea che solo essere pensata le dia un senso di esistenza
C’è consapevolezza, sì, del disequilibrio. Ma è continuamente soffocata dal bisogno disperato di quell’uomo, trasformato in àncora, in fonte di senso, in identità.
Perfino scrivere il libro diventa un modo per trattenerlo. Per non lasciarlo sparire del tutto. Come se la narrazione potesse renderlo eterno, ancora reale, ancora presente. Ma con il tempo qualcosa cambia. I pensieri si fanno meno ossessivi, i ricordi meno acuti. La protagonista torna ad assaporare piccole cose, a riappropriarsi del quotidiano.
Il romanzo si chiude con un ultimo incontro, quando A. ritorna brevemente a Parigi. Un momento già destinato a essere conclusivo, senza illusioni. Lei lo affronta con la consapevolezza che non lo rivedrà più. Ma ora qualcosa è cambiato: il dolore ha lasciato spazio a una forma di accettazione. La separazione, seppure dolorosa, diventa possibile.
Passione semplice è stato, per me, come guardarsi allo specchio in un momento di fragilità. Senza vergogna. È un libro che non consola, ma che scava. E che racconta, con una sincerità disarmante, quanto possa essere vulnerabile, e profondamente umana, la nostra fame d’amore.
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