lunedì 23 gennaio 2012

Recensione: Una montagna di briciole

Una montagna di briciole
di Elena Gorokhova

Prezzo di copertina: € 18,50
Editore: Piemme
Collana: Saggistica
Data di uscita: 25 ottobre 2011
Pagine: 392, rilegato con sovracoperta
Lingua: Italiano
Titolo originale: A Mountain of Crumbs
Lingua originale: Inglese
Traduzione: Franca Genta Bonelli
Genere: Memoir

“Nata tre anni prima che la Russia diventasse l’Unione Sovietica, mia madre divenne l’immagine speculare del mio paese natale: autoritaria, protettiva, difficile da lasciare."

Per ingannare la fame dei suoi figli, nel periodo della grande carestia, la nonna di Elena ha inventato un gioco: se i bambini si lamentano perché da mangiare c’è solo una zolletta di zucchero e una fettina di pane, la nonna li sbriciola nel piatto, trasformandoli in «una montagna di pane e di zucchero».Nella Russia degli anni Sessanta e Settanta, quel gioco diventa l’emblema della sua infanzia e della sua giovinezza. Elena cresce in una famiglia come tante. Un padre membro del partito. Una madre che è nata insieme all’Unione Sovietica, ha visto due guerre e insegna anatomia all’Università di Leningrado. Una donna concreta, ruvida, ossessionata dall’ordine e protettiva in modo asfissiante, proprio come il suo paese. A dieci anni, Lena sente per la prima volta parlare in inglese e si innamora di quella lingua. Decide di cominciare a studiarla – prendendo lezioni che ufficialmente sono proibite – nella speranza che le apra le porte verso un futuro migliore. Fino a quando, ottenendo un visto matrimoniale, non riuscirà a uscire dal paese e a trasferirsi in America, facendo precipitare sua madre nella più profonda disperazione.


Questo primo libro di Elena Gorokhova è un toccante memoir sui suoi primi vent’anni di vita nell’ex unione Sovietica. Un racconto senza fronzoli, schietto, a volte perfino cinico, anche se non immune da una nostalgia velata per il proprio Paese natale e per le sue tradizioni. Elena è una ragazzina nata nel 1955, durante il governo di Chruščëv, in una San Pietroburgo che per lei era ancora Leningrado; la sua famiglia è composta dalla madre, prima medico ora insegnante di anatomia, e dal padre, ex membro del Partito, entrambi devoti imprescindibilmente alla Patria e a tutte le sue contraddizioni. Elena si accorge fin da bambina di essere diversa: non capisce come mai a scuola non può leggere autori stranieri, o perché non si possano comprare scarpe o vestiti d’importazione, o ancora perché si possa finire in prigione per aver semplicemente raccontato una barzelletta. Comprende quindi fin da subito di dover scindere se stessa in due personalità: quella esterna, la Elena che tutti possono vedere, ubbidiente e rispettosa delle regole, e l’altra, quella più intima, in cui cerca disperatamente un modo per fuggire da questo mondo finto ed ipocrita in cui “ci mentono, noi sappiamo che lo fanno e loro sanno che noi lo sappiamo, ma continuano comunque a dirci bugie, e noi continuiamo a pretendere di credere loro”. Proprio questa sua voglia di evasione la porta ad interessarsi alla lingua inglese, così esotica ed affascinante con i suoi simple past e le parole proibite come “privacy”, che non ha una traduzione in russo, o con le sue frasi fatte su come prenotare una stanza a Londra, che fanno sognare Elena di poter recarsi veramente, un giorno, in un altro Paese. Proprio questa sua passione per l’inglese la porterà a trovare lavoro come insegnante all’Università, e a conoscere, all’età di ventiquattro anni, un ragazzo americano, Robert. Quest’ultimo le consentirà, con un visto matrimoniale, di approdare finalmente in America, anche se, agli occhi dell’intransigente madre e della Russia intera, nelle vesti di una “traditrice” ormai vicina all’odiato capitalismo. Il titolo “Una montagna di briciole” evoca l’escamotage che la nonna di Elena usava, sbriciolando il misero pezzo di pane e zucchero, per illudere i bambini che si lamentavano della scarsa razione di cibo durante la Grande Carestia: un’immagine emblematica che Elena si porta dietro per tutta la vita, e che ricorre, insieme ad altre tradizioni e ricordi della sua infanzia, in tutto il libro. Un ultima parola sulla copertina, che rappresenta una donna con la mano sulla bocca, il simbolo dell’impossibilità di esprimere liberamente le proprie idee, ma allo stesso la rappresentazione della volontà di denunciare il regime di repressione verbale che l’autrice ha subìto.

Durata della lettura: 9 giorni
Bevanda consigliata: caffè forte
Età di lettura consigliata: dai 18 anni







Una splendida finestra sulla vita di una ragazza nell’ex URSS.

Elena Gorokhova é cresciuta a San Pietroburgo, che per la maggior parte della sua vita ha chiamato Leningrado. Oggi è una scrittrice e vive nel New Jersey.

5 commenti:

  1. Romanzo storico e ambientato in Russia! Sarà mio :D

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  2. Ciao ragazze! Volevo avvertirvi che vi ho premiate sul mio blog:
    http://lantrodiaredhel.blogspot.com/2012/01/versatile-blogger-award.html

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  3. Ciao ragazze! Vi ho assegnato un piccolo premio virtuale qui: http://ilmagicomondodeilibri.blogspot.com/2012/01/versatile-blog-award.html
    Ciao!

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  4. che meraviglioso libro! lo metto in wishlist

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  5. L'ho letto e lo consiglio...è intelligente ed ironico :-)

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