sabato 23 novembre 2019

Recensione: Breve storia del mio silenzio

Breve storia del mio silenzio
di Giuseppe Lupo

Editore: Marsilio Editori
Prezzo Cartaceo: € 16
Pagine: 208


L’infanzia, più che un tempo, è uno spazio. E infatti dall’infanzia si esce e, quando si è fortunati, ci si torna. Così avviene al protagonista di questo libro: un bimbo che a quattro anni perde l’uso del linguaggio, da un giorno all’altro, alla nascita della sorella. Da quel momento il suo destino cambia, le parole si fanno nemiche, anche se poi, con il passare degli anni, diventeranno i mattoni con cui costruirà la propria identità. Breve storia del mio silenzio è il romanzo di un’infanzia vissuta tra giocattoli e macchine da scrivere, di una giovinezza scandita da fughe e ritorni nel luogo dove si è nati, sempre all’insegna di quel controverso rapporto tra rifiuto e desiderio di dire che accompagna la vita del protagonista. Natalia Ginzburg confessava di essersi spesso riproposta di scrivere un libro che racchiudesse il suo passato, e di Lessico famigliare diceva: «Questo è, in parte, quel libro: ma solo in parte, perché la memoria è labile, e perché i libri tratti dalla realtà non sono spesso che esili barlumi di quanto abbiamo visto e udito.» Così Giuseppe Lupo – proseguendo, dopo Gli anni del nostro incanto, nell’“invenzione del vero” della propria storia intrecciata a quella del boom economico e culturale italiano – racconta, sempre ironico e sempre affettuoso, dei genitori maestri elementari e di un paese aperto a poeti e artisti, di una Basilicata che da rurale si trasforma in borghese, di una Milano fatta di luci e di libri, di un’Italia che si allontana dagli anni Sessanta e si avvia verso l’epilogo di un Novecento dominato dalla confusione mediatica. E soprattutto racconta, con amore ed esattezza, come un trauma infantile possa trasformarsi in vocazione e quanto le parole siano state la sua casa, anche quando non c’erano.



Giuseppe Lupo ci accompagna per mano nella sua storia dalle mille sfaccettature. Da piccolo era un bambino spensierato finché non è nata la sorellina e ha deciso di smettere di parlare, completamente, dal nulla.
Nonostante le mille visite da ogni tipo di dottore, i motivi rimangono un mistero per tutta la famiglia.
Qui inizia il suo rapporto particolare con le parole, solo il costante sostegno dei genitori, entrambi insegnanti, lo aiuta, la mamma che lo fa concentrare sul suono della pioggia e il padre che lo sprona a scrivere.

"Ogni tanto mio padre faceva capolino nella mia stanza: «Hai trovato la strada della tua libertà.» La strada della mia libertà era fatta di carta stampata".


A casa loro è un continuo succedersi di personaggi di spicco della letteratura italiana, di case editrici ma soprattutto di libri e macchine da scrivere, il romanzo sembra avere come sottofondo il dolce ticchettare della macchina del padre e poi del figlio.
Contemporaneamente la storia della Lucania e dell'Italia in generale cambiano attorno a questa famiglia, da una situazione più rurale si inizia una fase borghese, lo si nota dai miglioramenti della macchina da scrivere stessa, dell'acquisto della macchina. 
Continuiamo a seguire la crescita del ragazzo ormai uomo sposato, che smette la lotta con le parole inizia quella del trovare un editore per il proprio libro. Molto interessante vedere come gli scrittori si ritrovino ad affrontare il ripetuto rifiuto del proprio lavoro. 
Ma dopo tanto tempo,  lavoro, sacrifici e figlie, finalmente, ne varrà la pena. 

Il romanzo è ben scritto e sullo stile non ha alcun punto negativo ma l'ho trovato un po' lento da seguire e mi sono fermata alcune volte, forse mncava di un po' di brio per i miei gusti. 





Durata totale della lettura: 5 giorni
Bevanda consigliata: Passito
Formato consigliato: Ebook
Età di lettura consigliata: dai 16 anni 







      "Caro Lupo, la strada della scrittura è un esercizio per atleti in salita."



Si ringrazia la casa editrice per la copia omaggio

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