lunedì 6 aprile 2020

Recensione: Difendersi. Una filosofia della violenza


Difendersi.
Una filosofia della violenza.
di Elsa Durlon


Editore: Fandango Libri Editore
Prezzo Cartaceo: € 19,00
Pagine: 256
Titolo originale: Se défendre. Une philosophie de la violence.



Nel 1685, il Codice Nero proibiva “agli schiavi di trasportare qualsiasi arma offensiva o grossi bastoni” pena la frusta. Nel diciannovesimo secolo, in Algeria, lo stato coloniale proibiva le armi agli indigeni, dando ai coloni il diritto di armarsi. Ancora oggi, nonostante gli insegnamenti della storia, alcune vite contano così poco che si può sparare alle spalle di un adolescente sostenendo che fosse aggressivo, armato e minaccioso. Una linea di demarcazione storica oppone i corpi “degni di essere difesi” da coloro che, disarmati o resi indifendibili, rimangono esposti alla violenza del potere dominante. Questo “disarmo” organizzato dei subordinati e degli oppressi a beneficio di una minoranza con il diritto permanente di possesso e uso impunito delle armi, pone direttamente la questione dell’uso della violenza per la difesa di ogni movimento di liberazione. Dalle suffragette ju-jitsu alle pratiche di insurrezione del ghetto di Varsavia e le Black Panther, passando per le brigate queer e i movimenti di resistenza contemporanei, Elsa Dorlin, filosofa a mani nude, traccia in quest’opera una storia costellare dell’autodifesa.



Il romanzo della Durlon è un chiaro racconto (a tratti storici), della storia dell’autodifesa. In questo romanzo, ovviamente non poteva mancare lo stretto riferimento al concetto del “morire per la patria”. La regolamentazione del lecito uso delle forze armate è strettamente legata alle concezioni moderne del diritto delle persone, inteso come la fonte teorica dei dibattiti sulla legittimità o l’illegittimità dell’uso della violenza per sé. La legittima difesa, in una certa misura, è anticamente un principio comune al diritto privato e al diritto pubblico e internazionale (in quest’ultimo caso è relativo in particolare al diritto degli Stati di usare legittimamente la violenza sul loro territorio o nel caso di conflitti tra Stati). Particolarmente interessanti le riflessioni che l’autrice ha compiuto in merito alla violenza compiuta sulle donne (perpetrata per anni, e giunta fino alla nostra epoca moderna); e nel dettaglio il ritratto di questo problematica nei tempi recenti, così come viene compiuta dai mass media. Questa modalità di politicizzazione delle violenze funziona su tre presupposti. Primo: l’idea che se si offre visibilità a un problema allora questo diventa reale; secondo: la realtà di un fenomeno diventa una realtà per tutti quando si smuovono le emozioni,4 in modo particolare l’empatia; terzo: che mostrando le conseguenze di un atto o di una pratica si arriva a toccare gli autori di questi atti in quanto soggetti morali, suscettibili di prendere coscienza dell’inciviltà, dell’illegalità, dell’immoralità o del pericolo (sanitario, sociale, umano) dei loro atti. La favola di Bella, citata a tal esempio, è una novella che spinge e profonde riflessioni. Quando le prede si mettono a cacciare non diventano a loro volta cacciatori. Si difendono per necessità. Tuttavia, nella generalizzazione di un tale mondo della predazione, assistiamo alla trasformazione di tutti-e in prede. È lo sradicamento di qualsiasi tipo di alterità o, piuttosto, della riduzione del possibile all’ordine della minaccia e del pericolo; si tratta anche dello sradicamento di qualsiasi conflittualità politica. Un saggio che diventa la voce di tutti i movimenti collettivi militanti di lotta femminista.


Durata totale della lettura: Cinque giorni
Bevanda consigliata: Caffè decaffeinato
Formato consigliato: Ebook
Età di lettura consigliata: dai 14 anni
Sito dell'autore: Elsa Dorlin





      "Storia costellare dell'autodifesa"



                           Si ringrazia molto la casa editrice Fandango per la copia omaggio.                            

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