giovedì 2 novembre 2017

Recensione & Intervista all'autore: L'orizzonte ogni giorno un po' più in là



L'orizzonte ogni giorno un po' più in là
di Claudio Pelizzeni

Editore: Sperling & Kupfer
Prezzo Cartaceo: € 16,90
Prezzo Ebook: € 9,99
Pagine: 336


«È la possibilità di realizzare un sogno che rende la vita entusiasmante.» Questa è la storia di Claudio Pelizzeni, un ragazzo che, a poco più di trent'anni, ha già raggiunto traguardi che sfuggono a tanti suoi coetanei: una laurea in un'università importante, un impiego di responsabilità, uno stipendio fisso che gli consente di vivere da solo e di circondarsi del più desiderabile superfluo. Un ragazzo che, nonostante questo, non ha paura di guardarsi dentro e farsi la domanda più importante: sono davvero felice? Di fronte ad aspettative che non sente come sue, a tragitti sempre identici che non aprono nuove prospettive, a una routine che stritola tempo, energia e passione, non può che rispondersi di no. Finché un giorno, davanti a un tramonto, la consapevolezza si accende in lui: i sogni non possono aspettare. E, con quella luce, il coraggio di dare un taglio netto a tutto per inseguire la sua più grande passione: viaggiare. Viaggiare per allargare gli orizzonti di quel mondo che si sta facendo sempre più stretto e soffocante intorno a lui. Viaggiare per sfidare i limiti del corpo e le barriere della mente. Viaggiare con lentezza, senza aerei, per toccare con mano i confini, per «il gusto stesso del viaggio, degli imprevisti, delle scoperte e delle sorprese, delle correnti dell'universo a cui abbandonarsi». Questa è la storia di un sogno diventato realtà, di un'avventura che ha portato a una nuova vita. Un viaggio lungo mille giorni, attraverso cinque continenti e quarantaquattro Paesi. Ma anche un viaggio dentro di sé, a stretto contatto con le proprie paure, debolezze, risorse inaspettate. In dialogo profondo con quella voce intima e nascosta che, quando accettiamo di ascoltarla, sa sempre indicarci la direzione.






Viaggiare...uno forse dei miei verbi preferiti e che ha molteplici sfumature a seconda del contesto ma che di base sicuro indica uno spostamento, un movimento, la consapevolezza di affrontare un qualcosa di diverso che sta cambiando la nostra situazione attuale. Difficile forse da spiegare davvero, perché più che un verbo, viaggiare è molto ma molto di più, può anche voler significare prendere in mano la propria vita, cambiare in modo così radicale da rimanerne profondamente segnati e ritroviamo questo cambiamento nelle parole dell'autore di questo libro. Claudio Pelizzeni non ha scritto un libro inventando una storia mai esistita o solo ispirata a fatti realmente accaduti, lui ha scelto di narrare la sua di storia, quella di quando ha detto basta, basta ad una routine che lo stava intrappolando sempre piu stretto, basta accontentarsi di una vita forse all'apparenza perfetta ma che sotto sotto manca di una delle cose fondamentali, ovvero la felicità. Inizia proprio da questa sua decisione la sua nuova avventura, che lo porta in giro per il mondo senza mai prendere un aereo, sicuramente un piano coraggioso e che forse all'inizio può spaventare ma che gli ha regalato delle emozioni uniche e dei momenti indimenticabili. Ogni luogo da lui visitato ci viene riproposto attraverso gli occhi e le sensazione dell'autore, sembra in qualche modo di vivere quei luoghi da protagonista come se il viaggio in fondo fosse anche nostro. Pelizzeni scrive con semplicità, leggendo il libro sembra di averlo incontrato in un bar ed essere rimasti ad ascoltarlo mentre ci racconta del suo viaggio, delle sue scelte, che possono sembrare così lontane da noi ma che invece alla fine forse sono più vicine di quanto possiamo immaginare. Mi ha fatto uno strano effetto leggere questo libro, avendo affrontato un viaggio simile io stessa in molte cose sono riuscita a rispecchiarmi e mi ha portato alla memoria i ricordi della mia avventura che è stata una delle cose più belle che io abbia mai fatto in vita mia. Invito chiunque a leggere questo libro, per trovare ispirazione, per allargare i propri orizzonti, per vivere attraverso le pagine un'esperienza che possiamo decidere di fare nostra, per imparare ad ascoltarci intimamente, cosa che forse spesso e volentieri dimentichiamo di fare davvero.








Ciao Claudio,

ho letto le tue parole affascinata e rivivendo seppur in piccolo un momento della mia vita dove anche io ho trovato il modo di prendere la mia felicità per mano e mi sono lasciata alle spalle il lavoro e la routine quotidiana per viaggiare zaino in spalla dal Belize all'Argentina. Avrei così tante domande da farti, l'avventura che hai fatto è davvero eccezionale e penso che non mi stancherei mai abbastanza a leggere dei tuoi passi, delle tue sensazioni, del tuo viaggio.

- Quando hai deciso di intraprendere questo viaggio, come descriveresti le sensazioni che hai provato? Se ci sono state paure, quale è stata la più grande? Cosa ti aspettavi da questa esperienza?

Le sensazioni sono state sensazioni quasi di liberazione, perché il nodo in gola un po' si è sciolto soprattutto quando ho dato le dimissioni perché da quando ho deciso a quando poi ho dato le dimissioni sono passati circa sei mesi e sono stati sei mesi in cui, devo dire la verità, mi sono domandato spesso da dove iniziare e la pianificazione non è stata semplice. Da questa esperienza mi aspettavo di potermi aprire davvero in senso letterale al mondo, di assorbire tutto quello che poteva arrivare, infatti una delle cose a cui faccio riferimento anche nel libro è che non credo nel viaggio di redenzione ma bisogna partire per un'esperienza del genere che è così forte e così grande senza conti in sospeso, partendo liberi da tutto perché se ci si trascina dietro i problemi, entrano nello zaino e prima o poi si rifanno vivi.

- Mi ricordo che molto spesso durante il mio di viaggio mi sono ritrovata davanti a paesaggi o spettacoli naturali durante i quali mi sono chiesta "Come ho fatto a vivere ignorando l'esistenza di tanta bellezza?" e quindi chiedo a te, c'è un qualcosa che hai visto durante il tuo viaggio che ti ha fatto domandare la stessa cosa?

Si, e paradossalmente è capitato proprio alla fine del viaggio , mi trovavo in Mauritania, nel bel mezzo del deserto del Sahara, era Novembre, so che anche in Italia si era parlato di questa fantomatica luna piena gigante, ma non lo sapevo perché non avevo internet e me la sono vista sorgere in mezzo alle dune del deserto dove ho fatto un'esperienza di cinque giorni, 187 chilometri, io, un cammelliere e due dromedari. Quando ho visto questa luna sorgere in mezzo al deserto mi son detto "Quanto tempo ho perso prima di vedere queste cose?"

- Durante il tuo viaggio, hai mai pensato alla tua vita passata, ti sei mai guardato indietro e domandato come mai non hai iniziato questo tipo di esperienza prima?

Si, è capitato spesso soprattutto nei primi nove/dodici mesi, il pensiero andava spesso a quando lavoravo in banca, a come era la mia vita, come stava cambiando. Non mi sono domandato come mai non ho iniziato questo tipo di esperienza prima perché ritengo che fosse arrivato il momento giusto in quel momento, quasi una sorta di chiamata, sentivo che tutti i tasselli del puzzle stavano combaciando in quel preciso momento, se lo avessi fatto prima da più giovane, probabilmente non avrei avuto la maturità per affrontare una scelta del genere e se avessi aspettato troppo chissà cosa il futuro aveva già in serbo per me e forse mi avrebbe impedito di farlo.

- Devo dire che il tuo libro e la tua avventura sono la testimonianza di come spesso ci si ritrovi inglobati dalla quotidianità senza rendersi conto di non stare davvero vivendo la propria vita accontentandosi di un qualcosa che non è davvero quello che vogliamo, credo che a volte sia più semplice rendersene conto, ed a volte molto più complicato. Ti senti di dare un consiglio a coloro che magari si trovano nella tua stessa situazione prima del viaggio? Come si trova il coraggio di affrontare tutte le proprie paure ed iniziare un percorso come il tuo?

Il consiglio più grande che posso dare è di partire liberi, liberi dai problemi che ci attanagliano quotidianamente, è ovvio che nella quotidianità è difficile porsi domande e trovare anche le risposte perché la vita è un costante ripetersi di azioni che in qualche modo ci rende quasi ovattati in una zona di confort, viaggiando ci si fanno molte più domande ma non è detto che ci si facciano quelle giuste quindi bisogna fare un buon percorso introspettivo e cercare le risposte dentro di noi. Io paura non ne ho avuta, semmai ho avuto paura di restare quindi forse è questo che mi ha spinto a fare questa mossa che tutti definiscono coraggiosa anche se etimologicamente il coraggio è andare oltre le proprie paure e io non avevo paura di partire, anzi il contrario, quindi accetto volentieri la parola coraggio, perchè è un grande complimento però per me coraggio è altro.

- La prima cosa che hai pensato quando sei ritornato a casa e la prima cosa che hai fatto una volta di ritorno?

La prima cosa che ho pensato è difficile da dire, forse è stato "ce l'ho fatta, ho realizzato il più grande sogno della mia vita" e ha 35 anni è qualcosa che non ha prezzo. La prima cosa che ho fatto è stato mangiare la pizza.

- C'è un posto dove non ti sei sentito a tuo agio e ti sei pentito di arrivare? Viceversa il luogo dove ti ha solleticato l'idea di fermarti, un posto che hai sentito tuo in tutto e per tutto?

Poco a mio agio mi sono sentito negli Stati Uniti D'America, ma non mi sono pentito si averli visti, anzi non mi pento assolutamente di nessun itinerario, di nessun paese attraversato anche quelli dove magari sono andate male le cose o dove sono anche successi dei contrattempi. In America mi sono sentito meno a mio agio perché ho avuto relazioni umane molto forti con le persone locali quasi in tutti i paesi, mentre ho trovato gli americani forse un pochino superficiali, forse ho viaggiato troppo velocemente io e non ho avuto il tempo di immergermi a fondo, ci metto molto della mia responsabilità ma devo ammettere che mi sono sentito quasi un pesce fuor d'acqua, però paesaggi meravigliosi, un posto che meritava sicuramente. 
Mi sono sentito a casa in Nepal, con i miei fratellini, i ragazzi dell'orfanotrofio nel quale ho dato una mano e nel quale tornerò. I luoghi dove mi ha solleticato l'idea di fermarmi sono due, uno è l'Australia dove obiettivamente il sistema sociale ed economico e la natura ti fanno venire voglia di restare, però avevo un sogno da realizzare e quindi sono andato oltre. Un altro luogo è stato la Patagonia perché lì ho vissuto questa esperienza a stretto contatto con la natura, due mesi e mezzo in tenda, autostop, dove mangiavo solo le trote che pescavo e bevevo solo l'acqua di fiumi e ruscelli e quindi ci ho pensato, solo che iniziava l'inverno e con meno sette/otto gradi di notte in tenda iniziava ad essere dura.

- Credi di esserti fermato adesso o stai già pianificando il prossimo viaggio?

No, direi che non mi fermo assolutamente. Il viaggio è come una sorta di droga, il Wonderlust, cercherò di stare il meno possibile di inverno in Italia perché sono molto metereopatico e sto pianificando una serie di viaggi legati anche all'iniziativa della Backpackers Accademy, ovvero i viaggi di gruppo che sto realizzando con il mio blog e proprio cinque minuti fa stavo definendo un viaggio in Sri lanka a Gennaio, un altro in Islanda sempre a Gennaio, a caccia dell'aurora boreale, Vietnam a Febbraio, Marzo in Indonesia, Aprile Giappone, Maggio Marocco...quindi direi che no, non mi fermo.

Bellissima esperienza, bellissimo racconto, grazie per aver condiviso con noi il lettori uno stralcio della tua vita, forse uno dei più importanti.

Kait

Kait





"Un viaggio alla scoperta del mondo ma anche alla scoperta dell'uomo."




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