lunedì 1 aprile 2019

Recensione: La traccia dei mutamenti

La traccia dei mutamenti
di Sayed Kashua


Editore: Neri pozza
Prezzo Cartaceo: € 16,50
Pagine: 208
Titolo originale: Aquv acher shinuim


«Sono all'ospedale». È sufficiente questo breve messaggio, inviato da un padre via Skype, per far salire suo figlio sul primo volo che dall'Illinois lo riporta in Israele, dopo quattordici anni di assenza. Nel breve viaggio in taxi che dall'aeroporto lo conduce a Tira, il luogo dove è nato e dove tutt'ora vivono i suoi genitori e i suoi fratelli, l'uomo ritrova l'antica paura che un tempo lo attanagliava: quella di sapersi arabo in territorio israeliano, esule nella sua stessa terra. Espatriato negli Stati Uniti con la moglie Palestine e i tre figli, il protagonista di queste pagine ha invano tentato di tagliare i ponti con il passato attraverso il silenzio. Ma è sufficiente che metta piede nella stanza dove suo padre giace, piccolo, pallido, con gli occhi sprofondati nelle orbite e il petto che si alza e si abbassa sotto il lenzuolo leggero dell'ospedale con il disegno delle stelle di David, perché il passato torni a galla con prepotenza e presenti il suo conto. L'uomo ha con sé il vecchio registratore «Executive» della Sony, un apparecchio massiccio, con un microfono esterno, tre pulsanti neri e uno rosso per la registrazione: è lo strumento con cui si guadagna da vivere come ghost writer, mettendo nero su bianco le storie altrui. Ma l'unica testimonianza di cui desidera lasciare traccia in quel momento è quella di suo padre. Sarà l'occasione per rielaborare i propri ricordi e riflettere sulla sua stessa vita. Perché anni prima è stato scacciato dalla sua famiglia? Perché negli Stati Uniti è costretto a dormire nel campus universitario, bandito da sua moglie dalla loro casa? E perché tutto sembra collegarsi al fatto che, quando era ragazzo, ha scritto uno strano racconto su una ragazza di nome Palestine? Attraverso pagine di inconsueta ironia, "La traccia dei mutamenti" è una storia sull'odierna Palestina raccontata dal punto di vista di un esiliato che torna a casa per dire addio a suo padre e, al contempo, una profonda e struggente riflessione sui legami familiari.



Un racconto nostalgico del ritorno del protagonista a Tira, il paese natale. Un paese da cui manca da oltre 14 anni, dal giorno in cui si è dovuto sposare con Palestine, in cui ritorna solo perché il padre ha avuto un attacco di cuore e non si sa quanto vivrà. Non ha più visto né sentito nessuno della sua famiglia negli ultimi anni, né la madre, né tutti i fratelli e i loro figli. La sua visita è un continuo susseguirsi di sorprese che la nostalgia gli regala, odori, rumori, gusti della sua infanzia che sono il fil rouge del racconto.
Un romanzo scritto con una sottile tenerezza di fondo, il protagonista, ghostwriter di professione, rivive la vita dei personaggi di cui scrive la biografia, contemporaneamente rianalizzando la sua, la fuga da Israele, il matrimonio con Plaestine, il mega errore di aver scritto un libro considerato infedele. "Qual'
é il tuo primo ricordo?" chiede sempre lo scrittore al cliente del momento, che sia esso uno sconosciuto, suo padre o se stesso e forse anche a noi.
Il suo ritorno in patria risveglia tutta la sua paura di essere arabo in un paese in cui Netanyahu li ha scelti come nemico numero uno, così come riaccentua la sua inadeguatezza alla vita e al matrimonio. Il rapporto con la moglie é uno dei punti chiave del racconto, il matrimonio forzato per salvarne l'onore, la fuga per gli Stati Uniti, la freddezza che gli riserva e la distanza da lei e dai figli lo fanno sentire ancora piú solo ma lui non sembra essere in grado di reagire. Ho avuto l'impressione di un uomo pieno di paure e speranze che peró é sprovvisto della capacità di lottare per ció che desidera. Come se nella sua educazione fosse mancato un pezzo che gli insegnasse a essere coraggioso. L'unica volta che aveva provato a essere piú ardito era stato proprio quel racconto che peró gli ha poi rovinato la vita. Questo rende il personaggio e alle volte il romanzo molto statico e neutrale agli sbalzi della vita.

Un romanzo ben scritto e interessante che ci regala la possibilità di ripensare ai bei momenti dell'infanzia in un paese diverso dal nostro, forse mi aspettavo un tentativo piú ardito da parte dello scrittore.


Durata totale della lettura: Tre giorni
Bevanda consigliata: Sidro di mele caldo
Formato consigliato: Cartaceo
Età di lettura consigliata: dai 17 anni 





      "Il sapore mi era talmente familiare che per un attimo mi ha fatto girare la testa, 
non riuscivo a decifrare la sensazione che quel gusto mi trasmetteva, 
una matassa di ricordi che neanche capivo se erano belli o brutti".


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